Io, portatore di handicap obbligato a lasciare il “permesso” dove chiunque può rubarlo

Sul vano portacasco del suo scooter spicca, in grandissima evidenza, il simbolo che indica come il proprietario…

Sul vano portacasco del suo scooter spicca, in grandissima evidenza, il simbolo che indica come il proprietario sia un portatore di handicap. Ma quel logo, color giallo su fondo nero, che stilizza una persona su una sedia a rotelle e che per anni gli ha consentito di posteggiare le proprie “due ruote” in un’area blu, per di più a due passi dall’ingresso della sede dei vigili urbani di via Quarenghi a Bergamo, quotidianamente visto e mai sanzionato dagli stesso uomini in divisa, improvvisamente una mattina non è più stato sufficiente a evitargli una bella multa, dell’importo di 30 euro, per divieto di sosta. Perché al posto di quel simbolo, gli ha spiegato un controllore dell’Atb, l’Azienda di trasporti bergamasca, categoria che da tempo “affianca” la polizia urbana nella caccia a chi pratica la sosta selvaggia (o più semplicemente ha messo le monetine nel parcometro ma ha ritardato 10 minuti rispetto all’arrivo previsto….) avrebbe dovuto esibire in bella mostra il “permesso” con tanto di dati personali che certificassero che davvero si trattava di un portatore di handicap. Uno di quei contrassegni che gli automobilisti con problemi fisici lasciano sul cruscotto dell’auto, in bella vista ma rigorosamente all’interno dell’auto, in modo che nessuno, magari per contraffarlo o più semplicemente per un imbecille atto di vandalismo, possa rubarlo, ma che, appoggiato sul cruscotto della moto, diventa una facilissima “preda” per truffatori e imbeciclli di cui, peraltro, l’aria è sempre più satura. Aspetto che il portatore di handicap ha provato a sottolineare, e che chiunque, probabilmente, avrebbe compreso, immaginando facilmente anche le conseguenze di un eventuale furto: la presentazione di una denuncia, magari una bella coda per richiedere e ottenere un duplicato. Con il rischio poi, in caso di un altro furto, di dover rifare tutta la trafila burocratica. E con l’aggravante di doverlo fare da portatore di handicap. “Situazione già di per se non semplice, perché mettere il distintivo dell’handicappato non è esattamente come mettere quello dell’Atalanta, perché dichiarare pubblicamente un segno di disabilità può psicologicamente pesare”, commenta il motociclista multato, che dopo aver compreso che con quel controllore non ci sarebbe stato nulla da fare (“anche perché continuava a parlare di un ciclomotore, dimostrando di non capire granché, considerato che per ciclomotore s’intende un mezzo fino a 50 cc di cilindrata, un “cinquantino”, mentre il mio è un 250”) e dopo aver “comunque immediatamente pagato i 30 euro”, ha deciso di segnalare l’accaduto a stradafacendo.tgcom24. “Per impedire che ad altri portatori di handicap possa accadere la stessa cosa, perché è assurdo pretendere che una persona sia obbligata a lasciare sul cruscotto della moto, alla portata di chiunque passi, un documento prezioso (e con dati personali, sensibili che devono essere tutelati). Chi vuol controllare se una persona è davvero portatrice di handicap o è un cialtrone “, conclude il motociclista portatore di handicap “vittima” della multa, “può farlo tranquillamente chiedendo al motociclista sanzionato di esibire il contrassegno, magari anche presentandosi al comando entro un determinato termine di tempo. E una volta appurato tutto che tutto in regola dovrebbe non elevare la multa o, se già fatta, stracciare quel verbale. Che altrimenti rischia di apparire una beffa destinata ad assommarsi al danno. E avere un handicap , vi assicuro, è un danno pesante. I vigili del comando di via Quarenghi per anni hanno dimostrato di possedere buon senso, una “materia preziosa” che forse andrebbe insegnata anche a qualche addetto dell’Atb autorizzato a elevare multe”.

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